Sono 450 i casi di militari che hanno fatto richiesta di indennizzo alla Difesa per malattie legate all’esposizione al materiale tossico. Ma grazie a un decreto voluto dall’ex ministro La Russa, nessuno di loro ha avuto un soldo dei 30 milioni di euro stanziati nel 2008. Ecco le conclusioni della commissione d’inchiesta
IlMaresciallo Riccio nell’area di Tallil, in Iraq. E’ uno dei militari malati che hanno fatto richiesta di indennizzo senza .esito.Il 5 dicembre scorso, in una delle ultime audizioni della Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito, è stato il maresciallo in congedo Vincenzo Riccio a sferrare l’ennesimo pugno nello stomaco dei senatori: “Sono al corrente del fatto che numerosi militari italiani affetti da cancro stanno tenendo nascosta la malatia”, ha raccontato. “Considerato il comportamento tenuto finora dal Ministero della Difesa nei confronti di chi si è ammalato di ritorno dalle missioni, in tanti hanno paura di essere congedati e di perdere lo stipendio che gli serve per curarsi”.
E’ stato il sigillo a due anni e mezzo di audizioni in cui, davanti agli onorevoli incaricati incaricati di fare luce sui decessi e le gravi patologie dei militari impiegati all’estero e nei poligoni di tiro “in relazione all’esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici”, hanno sfilato storie incredibili di sofferenza e di abbandono. Perché il Ministero degli F35, dei nuovi sommergibili pagati a peso d’oro, delle Maserati acquistate per “rinfrescare” il parco macchine un anno e mezzo fa, nei confronti dei soldati malati e dei familiari dei morti di tumore, linfoma o leucemia negli ultimi vent’anni ama mostrare il proprio lato più ferocemente parsimonioso.
Lo dicono i numeri, fotografati nella relazione finale approvata il nove gennaio scorso dalla Commissione che sarà pubblicata questa settimana. Tra tante spese roboanti della Difesa, i circa 30 milioni di euro stanziati nella finanziaria 2008 per gli indennizzi delle vittime di tumori “connessi all’esposizione e all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito” sono ancora quasi tutti nel cassetto. Nel novembre 2010, a due anni dalla creazione del fondo, nessuna delle 439 domande presentate entro i termini era stata evasa o accolta. Colpa di un decreto attuativo, voluto dai tecnici dell’allora ministro La Russa, che vincolava qualunque risarcimento a una certezza scientificamente impossibile da provare: il nesso causale diretto tra la contaminazione da uranio e l’insorgere del tumore. Dopo la modifica della legge, oggi per essere riconosciuti vittime del dovere basta essersi ammalati “per particolari condizioni ambientali e operative”. Ma le nuove domande e le istanze di revisione delle vecchie continuano ad essere respinte a raffica.
Più delle cifre, parlano storie come quella del Maresciallo Riccio: “A 43 anni vivo con i miei genitori – racconta da Napoli ?€“ nel 2011 mi hanno congedato per un carcinoma neuroendocrino dopo 23 anni di servizio, senza possibilità di reimpiego nei servizi civili. Ho appena i soldi per pagarmi le visite specialistiche e gli esami urgenti. Dalla Difesa non ho avuto un centesimo e nemmeno una telefonata”.
L’inizio di carriera come missilista e addetto ai radar. Le esercitazioni annuali al poligono interforze di Salto di Quirra, in Sardegna, finito al centro di un’inchiesta per omicidio colposo plurimo legato all’inquinamento ambientale.
Due missioni in Iraq, a Tallil, “dove noi italiani operavamo senza protezioni in vecchie strutture bombardate durante la prima Guerra del Golfo – spiega – a cui gli americani non osavano nemmeno avvicinarsi seppure adeguatamente protetti”. Per lui l’inferno è cominciato nel 2010, con la diagnosi delle metastasi multiple al fegato. Riconosciuto invalido civile al cento per cento, due mesi fa la sua richiesta di indennizzo al Ministero è stata respinta dopo il parere di un apposito “Comitato per le cause di servizio”.
Il Comitato dipende dal Ministero dell’Economia, ma è integrato da 16 medici militari. Sulla base delle informazioni fornite dallo stesso Ministero della Difesa, comunica alla Direzione Generale della Previdenza Militare (PREVIMIL) il suo responso vincolante per ogni caso esaminato. La Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito, di fronte al numero esorbitante di richieste bocciate e alle motivazioni generiche dei verdetti, nel 2011 ha chiesto a un consulente di riesaminare i fascicoli dei “respinti”. Almeno il 30 per cento, secondo il dottor Bruno Causo, andrebbero subito riconsiderati “applicando senza remore i criteri probabilistici a cui si ispira la legislazione vigente”.Fonte